Terzo mandato ai governatori: centrodestra spaccato, il caso Zaia accende la tensione

La Lega prende tempo, Fdi apre, Forza Italia dice no. Slitta la scadenza per gli emendamenti: cresce l'incertezza sulle regionali d'autunno

Luca Zaia

Ancora sette giorni di attesa: la proposta di modificare il limite ai mandati dei presidenti di Regione agita la maggioranza. Fratelli d’Italia ha aperto al confronto, prendendo in contropiede Lega e Forza Italia. Ma sul tema del terzo mandato (o quarto, nel caso di Luca Zaia) manca ancora un’intesa politica. E senza un accordo tra i leader, la questione resterà congelata almeno fino al rientro di Giorgia Meloni dal G7 in Canada, atteso entro giovedì.

Il nodo degli emendamenti e la strategia tattica

Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, ha concesso una proroga di sette giorni per presentare emendamenti al disegno di legge che riguarda il numero dei consiglieri regionali. Un ddl a iter accelerato, condiviso con le opposizioni, ma che ora rischia di diventare veicolo per modificare i mandati dei governatori, scatenando proteste.

La Lega, cauta e divisa al suo interno, chiede tempo per valutare se trasformare l’apertura in una proposta concreta. Il rischio è che si tratti solo di una manovra tattica. Ma nel frattempo in Veneto la macchina elettorale si è già messa in moto: la Liga ha deliberato l’avvio della campagna per un possibile nuovo mandato di Luca Zaia, nonostante l’assenza del governatore all’ultima riunione del direttivo.

Meloni cambia linea, Zaia torna opzione plausibile

La posizione di Fratelli d’Italia si è ammorbidita. Dopo mesi di rigidità sulla regola dei due mandati, oggi l’ipotesi di mantenere Zaia al suo posto è considerata preferibile a nuove candidature leghiste meno popolari. Alcuni meloniani sostengono che “meglio altri 5 anni Zaia che 10 con un altro”, con riferimento al vicesegretario Alberto Stefani, possibile alternativa.

L’apertura, tuttavia, irrita Forza Italia, che ribadisce la propria contrarietà. Il segretario Antonio Tajani ha affermato chiaramente che FI non voterà alcun emendamento sul terzo mandato, anche se in molti vedono la sua presa di posizione come una mossa negoziale per ottenere vantaggi su altri fronti, come la candidatura di Flavio Tosi a sindaco di Verona o nuove misure fiscali.

Il rischio ostruzionismo delle opposizioni

La decisione di estendere la possibilità di emendamenti ha allarmato le opposizioni, che minacciano di bloccare il provvedimento con migliaia di proposte di modifica, se dovesse essere inserita anche la norma sul terzo mandato. Francesco Boccia (Pd) ha parlato di “forzatura inaccettabile di una maggioranza divisa”, mentre Alessandra Maiorino (M5S) ha denunciato la mancanza di trasparenza nell’iter.

Balboni ha ammesso che, qualora si aprisse a una modifica della legge, servirebbero contrappesi per bilanciare il potere dei presidenti di Regione, come un maggiore ruolo delle assemblee regionali, oggi “ostaggio” dei governatori. Intanto si fa avanti anche Noi Moderati, che chiede l’estensione del principio anche ai sindaci delle grandi città, rendendo lo scenario ancora più complesso.

Centrodestra in affanno anche in Europa e alla Camera

Mentre la questione regionale infiamma il dibattito interno, la maggioranza si spacca anche al Parlamento europeo, dove Forza Italia ha votato a favore della mozione contro gli abusi sui minori, mentre Fdi e Lega si sono astenuti per il riferimento alle teorie “gender”.

In Parlamento a Roma, infine, si è verificato un pasticcio: è passata all’unanimità una mozione di Italia Viva firmata da Maria Elena Boschi su misure per attrarre ricercatori, nonostante il parere contrario del governo. Un segnale di ulteriore fragilità della coalizione, che si ritrova divisa su temi fondamentali sia a livello nazionale che internazionale.

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