Sanità in crisi: cresce l’emergenza accesso alle cure in Veneto e a Verona

In occasione della Giornata mondiale della salute, lo Spi Cgil Verona denuncia l’aumento delle disuguaglianze sanitarie e chiede una riforma strutturale del sistema pubblico

Ospedale di Verona - borgo trento

Il diritto alla salute, proclamato universale dalla Costituzione e dai trattati internazionali, rischia oggi di diventare un privilegio. Anche in Veneto e a Verona, migliaia di cittadini ogni giorno rinunciano a curarsi per difficoltà economiche, mancanza di accesso o semplice impossibilità logistica. A lanciare l’allarme è lo Spi Cgil di Verona, che in occasione della Giornata mondiale della salute ha presentato un’analisi impietosa della situazione e chiesto con forza una riforma urgente del sistema sanitario pubblico.

Liste d’attesa e cure negate

Ogni giorno vengono aperte circa 8.000 agende sanitarie in Veneto, ma non bastano a coprire la domanda. Le Ulss locali, uniche a disporre di dati completi, faticano a rispondere alle richieste, mentre molti cittadini, soprattutto anziani, rinunciano alle cure per l’impossibilità di accedere a visite gratuite o per la difficoltà a raggiungere i centri di cura.

La rete di sportelli per il diritto alle cure, gestita da volontari, rappresenta un’ancora di salvezza per molti, ma non può coprire l’intero fabbisogno. Una situazione che si riflette in numeri preoccupanti a livello nazionale: nel 2023, 4,5 milioni di persone in Italia hanno rinunciato alle cure sanitarie (il 7,6% della popolazione), in aumento rispetto al 7,0% dell’anno precedente.

Famiglie sempre più sole nella spesa sanitaria

Altro dato allarmante riguarda la spesa sanitaria privata, che cresce costantemente da oltre un decennio. Se nel 2013 rappresentava il 20% del totale, oggi sfiora il 30%, per un valore che ha raggiunto 43 miliardi di euro nel 2023 e che si stima salirà a 47 miliardi entro il 2028, pari al 2% del PIL, secondo la Corte dei Conti.

Una tendenza che rischia di trasformare la sanità in un mercato, dove l’accesso alle cure è condizionato dalla disponibilità economica, aumentando le disuguaglianze sociali e compromettendo il principio di universalità del sistema.

Il dramma della non autosufficienza

Particolarmente grave è la situazione delle persone non autosufficienti, che in Italia sono circa 4 milioni, ma solo 24.000 (meno dell’1%) potranno beneficiare della nuova Prestazione Universale, partita il 1° gennaio 2025. Con appena 250 milioni di euro stanziati all’anno e criteri di accesso molto restrittivi, la misura viene definita da Adriano Filice, segretario dello Spi Cgil Verona, “un sistema che non funziona come dovrebbe”, aggravando una crisi già profonda.

Le proposte della Cgil

Lo Spi Cgil chiede una mobilitazione nazionale per invertire la rotta. Tra le proposte:

  • Aumentare la spesa pubblica sanitaria al 7-8% del PIL, in linea con la media europea;

  • Riformare le liste d’attesa in base a criteri clinici e sociali, per evitare discriminazioni economiche;

  • Valorizzare il personale sanitario con salari competitivi e nuove assunzioni, evitando esternalizzazioni e privatizzazioni;

  • Potenziare la sanità territoriale e la telemedicina, alleggerendo il carico su ospedali e pronto soccorso;

  • Pianificare interventi per l’invecchiamento della popolazione, garantendo cure individuali e assistenza continuativa.

“La sanità deve tornare ad essere davvero universale” conclude la nota dello Spi Cgil, “e deve far parte di una visione sociale più ampia, che metta al centro scuola, protezione sociale e pace, contro le logiche che alimentano conflitti e disuguaglianze”.

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