Lupi in Lessinia, Coldiretti: “Servono risposte urgenti per gli allevatori”

Aumentano gli attacchi ai greggi nelle zone montane veronesi. Vantini (Coldiretti): “Subito un piano nazionale per tutelare il lavoro e la sopravvivenza degli allevatori”

Lupo

Nel cuore della Lessinia, dove la pastorizia rappresenta un presidio fondamentale per l’equilibrio ambientale e la tenuta economica delle aree montane, si fa sempre più urgente l’appello degli allevatori colpiti da attacchi ripetuti da parte di grandi predatori, in particolare lupi. A lanciare un grido d’allarme è Alex Vantini, presidente di Coldiretti Verona, che ha partecipato a un incontro pubblico promosso dal Parco Naturale Regionale della Lessinia, chiedendo interventi immediati a livello nazionale.

I numeri, ancora una volta, confermano la criticità della situazione: nel 2024 sono stati registrati 206 eventi predatori, in aumento rispetto ai 200 del 2023. Le vittime principali sono ovini e caprini, con 198 capi uccisi, ma anche i bovini non sono stati risparmiati, con 122 capi colpiti.

Coldiretti: “Subito misure concrete, non solo tavoli istituzionali”

“Gli allevatori non possono più aspettare”, ha dichiarato Vantini. “Serve un piano di gestione nazionale che affronti con decisione il problema della convivenza con i grandi carnivori”, aggiungendo che le misure sinora adottate sono insufficienti. Recinzioni, dissuasori acustici e cani da guardiania non bastano a garantire la sicurezza degli animali e la sopravvivenza di un’attività già in equilibrio precario.

Secondo Coldiretti, oltre al rimborso dei danni subiti, servono azioni preventive efficaci e una maggiore flessibilità normativa, affinché le aziende agricole possano difendere le loro mandrie in modo proporzionato e tempestivo.

Il rischio: abbandono delle malghe e perdita di presidio territoriale

La crescente frequenza delle predazioni, che si concentrano soprattutto nei mesi estivi, rischia di scoraggiare ulteriormente la presenza umana nei pascoli montani, con ricadute negative sul territorio. L’abbandono delle malghe, infatti, comporta l’interruzione delle attività di manutenzione naturale – pascolo, pulizia dei sentieri, presidio del paesaggio – aumentando il rischio di degrado ambientale e incendi boschivi.

“Ogni allevatore che smette di salire in montagna è una perdita per l’intera comunità”, ha ribadito Vantini. “Difendere chi lavora in quota non significa solo salvare un’attività economica, ma tutelare un patrimonio culturale, ambientale e sociale unico”.

Un problema che riguarda tutta la montagna veneta

Quello della Lessinia non è un caso isolato: il ritorno del lupo e di altri predatori nei territori montani italiani è ormai una realtà consolidata, sostenuta da processi naturali e normative europee che ne garantiscono la protezione. Tuttavia, l’assenza di un piano di gestione nazionale condiviso e aggiornato rischia di spostare il peso della convivenza completamente sugli allevatori, senza strumenti adeguati per affrontarla.

Coldiretti chiede quindi al Governo una presa di posizione chiara e il coinvolgimento attivo delle Regioni per definire linee guida omogenee, sostenute da risorse economiche e assistenza tecnica.

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