Radicalizzazione tra minori: 22 indagati per estremismo, anche un caso a Verona

Dalle chat online alle perquisizioni: emersi contatti con ambienti suprematisti e jihadisti. La Digos scaligera indaga su un giovane che discuteva la fabbricazione di ordigni artigianali

Polizia

Una vasta operazione della Polizia di Stato ha portato alla perquisizione di 22 minorenni, tra i 13 e i 17 anni, coinvolti in ambienti estremisti di vario orientamento. L’intervento, coordinato dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha interessato tutto il territorio nazionale, compresa la provincia di Verona, dove la Digos ha avviato accertamenti su un giovane legato a conversazioni online riguardanti la costruzione di ordigni artigianali.

Le indagini, condotte anche in collaborazione con la Procura dei Minori di Venezia, hanno permesso di ricostruire una rete digitale in cui i giovanissimi condividevano contenuti radicali, appartenenti sia alla galassia jihadista sia a quella suprematista. Tra gli episodi emersi, il caso di un 15enne della provincia di Taranto indagato per propaganda e istigazione all’odio razziale, oltre che per porto illegale di armi, che in una chat con un coetaneo veronese sosteneva di aver fatto parte dell’organizzazione “The Base”.

Nel corso delle perquisizioni, sono stati sequestrati dispositivi elettronici contenenti chat e contenuti violenti: immagini di guerriglieri armati, armi da fuoco, documenti di propaganda suprematista e jihadista, oltre a divise militari e simulacri di armi. Trovati anche manuali sull’addestramento paramilitare, passamontagna, materiali per soft air e una divisa delle SS.

Il web si conferma strumento privilegiato per l’indottrinamento e il reclutamento. Secondo quanto emerso dalle attività investigative, la radicalizzazione avviene con tempistiche sempre più rapide: nel 2002 il processo medio durava circa 16 mesi, oggi bastano poche settimane per passare dalla prima esposizione ai contenuti estremisti alla pianificazione di azioni violente.

L’identikit dei giovani coinvolti mostra elementi ricorrenti: difficoltà relazionali, fragilità psicologica, tendenza all’isolamento sociale e una dimestichezza avanzata con le piattaforme digitali e i linguaggi online, spesso in lingua inglese. Alcuni fabbricavano armi con stampanti 3D e utilizzavano anche videogiochi come punto d’incontro per lo scambio di materiale estremista.

Un fenomeno preoccupante anche a livello europeo. Secondo i dati del 2024, circa il 65% degli arresti legati all’ISIS ha riguardato adolescenti, e nel Regno Unito un sospettato su cinque per terrorismo è minorenne. In Italia, le operazioni come quella attuale confermano una crescente attenzione verso l’attività online dei più giovani, anche grazie ai segnali raccolti attraverso i circuiti d’intelligence e le attività di monitoraggio delle forze dell’ordine.

In crescita anche la fascinazione verso l’estremismo ibrido, dove neonazismo e jihadismo condividono contenuti violenti, antisemitismo e culto dell’azione armata. Le piattaforme digitali ospitano conversazioni tra giovanissimi che esaltano la violenza come forma di autoaffermazione o lotta ideologica, con un linguaggio sempre più crudo e identitario.

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