L’estate 2025 si preannuncia amara per i veronesi: la corsa dei prezzi non si arresta, incidendo in modo significativo sui bilanci familiari e sulle spese legate alle vacanze. I dati diffusi da Istat e analizzati da Federconsumatori e Codacons evidenziano un’inflazione crescente anche a Verona, dove a giugno l’indice ha toccato l’1,3% annuo, in aumento rispetto all’1,2% del mese precedente.
In termini concreti, l’Unione Nazionale Consumatori stima un aggravio di +358 euro annui per famiglia, cifra che colloca Verona al 50° posto tra le città italiane più colpite dall’aumento dei prezzi. In Veneto, la città scaligera registra il dato più contenuto, ma resta comunque coinvolta in una dinamica di rincaro diffuso, che colpisce in particolare il settore alimentare e turistico.
Nel carrello della spesa si segnalano aumenti vertiginosi: +24,6% per il caffè in polvere, +26% per il cacao, +17,5% per il burro. Anche altri generi alimentari mostrano variazioni significative: frutta secca (+12,7%), uova (+8,1%), formaggi (+7,9%). “A Verona oggi un chilo di burro costa in media 12,62 euro – denuncia Maurizio Framba, presidente di Federconsumatori Verona – contro i 10,19 euro del 2024. Il caffè è passato da 11,46 euro a 17,60 euro al chilo. Sono rincari che pesano sul quotidiano delle famiglie.”
Codacons lancia invece l’allarme sul turismo estivo, dove i rincari appaiono generalizzati e difficili da giustificare. A giugno, i voli nazionali sono aumentati del 38,7% rispetto allo scorso anno, i traghetti del +19,6%, i pacchetti vacanza del +8,7%. Anche i prezzi delle strutture ricettive crescono: alberghi +2,9%, villaggi +3,6%, case vacanza e b&b +5,9%. Non mancano aumenti nei settori culturali e ricreativi: musei (+4%), ristoranti e bar (+3%), gelaterie (+3,8%).
Secondo Codacons, si tratta di una “stangata sulle vacanze degli italiani”, che potrebbe scoraggiare le partenze o costringere le famiglie a ridurre la durata o la qualità del soggiorno. “I listini turistici – si legge in una nota – stanno seguendo un trend di rialzi ingiustificati, con gravi conseguenze sul potere d’acquisto già eroso negli ultimi anni.”
A livello nazionale, l’Istat ha certificato che tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni sono aumentate dell’8,3%, a fronte di un’inflazione cumulata del 17,4%, con una perdita reale di potere d’acquisto di oltre 9 punti percentuali. Anche in questo contesto, la situazione veronese rispecchia il trend, aggravato da una progressiva erosione del reddito disponibile e da una crescita disallineata tra prezzi e salari.