Museo del vino a Verona, tra entusiasmo istituzionale e voci critiche: il dibattito è aperto

Un progetto da 25 milioni per promuovere cultura e turismo enologico. Ma non mancano le polemiche sull’utilità pubblica e sul rischio di derive spettacolarizzanti

Il progetto del Museo nazionale del vino a Verona — noto come Muvin — sta guadagnando attenzione sul piano istituzionale e pubblico, ma divide opinione politica e cittadinanza tra chi lo considera un’opportunità strategica e chi invece lo definisce una spesa superflua.

L’ipotesi di collocazione negli spazi dell’ex Ghiacciaia, liberati dalla chiusura di Eataly, ha acceso i riflettori su un intervento dal valore stimato di 25 milioni di euro, per il quale il senatore Matteo Gelmetti (FdI) ha chiesto al Governo un primo finanziamento di 10 milioni nel Decreto Coesione.

Enrico Corsi, consigliere regionale e fra i promotori dell’iniziativa, sottolinea l’alto potenziale dell’opera: «Verona diventerebbe la capitale internazionale del vino per 365 giorni all’anno», ha dichiarato, rimarcando la volontà di valorizzare la tradizione vitivinicola attraverso un museo con respiro internazionale, capace di attrarre turismo, fondi e visibilità per il territorio.

La critica: «Un contenitore vuoto finanziato con risorse pubbliche»

A mettere in discussione il progetto è invece Giorgio Pasetto, presidente di Area Liberal, che contesta l’utilizzo di fondi pubblici per una struttura che, a suo dire, rischia di diventare una vetrina più commerciale che culturale.

«Altro che tutela del patrimonio rurale: qui si finanzia un’operazione di marketing che svilisce la vera identità del vino», ha commentato, invitando piuttosto a sostenere piccoli produttori e progetti educativi nelle scuole. Pasetto contesta la logica delle “attrazioni immersive”, definendo il Muvin una “Disneyland del vino” e criticando il disallineamento tra priorità cittadine e scelte politiche: «In una città che fatica a tenere aperte biblioteche e centri culturali, servono contenuti, non nuovi contenitori».

Opportunità turistica o rischio di spreco?

Il confronto fra sostenitori e detrattori si articola anche sul tema del ritorno economico e culturale. I promotori vedono nel museo un volano per l’enoturismo, già fiorente nel Veronese grazie a denominazioni come Valpolicella, Soave e Bardolino. Gli oppositori temono che si tratti dell’ennesimo progetto calato dall’alto, scollegato dalle vere esigenze del tessuto cittadino e produttivo.

Mentre la Fondazione Muvin lavora al coinvolgimento di stakeholder locali e partner istituzionali, resta da sciogliere il nodo del finanziamento statale e della futura gestione. La discussione, intanto, riflette una più ampia tensione tra visioni di sviluppo culturale: una più orientata all’intrattenimento e alla promozione turistica, l’altra più legata alla conservazione del paesaggio rurale e del patrimonio sociale.

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