Si è concluso con una sentenza storica il processo per il maxi-inquinamento da Pfas in Veneto, uno dei più gravi disastri ambientali italiani degli ultimi decenni. Dopo sei ore di camera di consiglio, la Corte d’Assise di Vicenza ha pronunciato undici condanne e quattro assoluzioni, infliggendo un totale di 141 anni di reclusione. Le pene individuali spaziano da 2 anni e 8 mesi fino a 17 anni e mezzo, riconoscendo responsabilità penali nella gestione e nello smaltimento illecito di sostanze perfluoroalchiliche, composti chimici noti per la loro persistenza ambientale e la pericolosità per la salute umana.
Durante il procedimento, i giudici hanno stabilito che la principale fonte di contaminazione è stata lo scarico industriale della Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. L’azienda chimica è stata ritenuta responsabile del rilascio incontrollato di Pfas nelle acque di superficie, nelle falde e negli acquedotti, con conseguenze su un’ampia porzione del territorio veneto, incluso il Veronese.
Riconosciuto anche il risarcimento dei danni per 300 parti civili, tra enti pubblici, associazioni e cittadini che si sono costituiti nel processo. Il giudizio ha riconosciuto come i vertici aziendali abbiano agito con piena consapevolezza degli effetti nocivi delle sostanze rilasciate, aggravando ulteriormente la posizione degli imputati.
La sentenza ha suscitato forti reazioni anche sul piano istituzionale. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato: “Questa sentenza rappresenta un passaggio fondamentale di giustizia per le comunità colpite e per tutti coloro che hanno lavorato con determinazione alla ricerca della verità”. Zaia ha sottolineato l’importanza del riconoscimento del reato di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque, elementi centrali nel dispositivo della Corte.
Il caso Pfas ha attirato l’attenzione nazionale e internazionale, portando alla luce la pericolosità dei composti utilizzati per la produzione industriale e le gravi lacune nei controlli ambientali. La contaminazione ha coinvolto un’area vasta, con oltre 350 mila cittadini potenzialmente esposti, in particolare nelle province di Vicenza, Verona e Padova.
Con questa sentenza, viene sancita la responsabilità penale per una delle pagine più oscure dell’industria chimica italiana. Sebbene il processo non possa cancellare i danni già subiti da territorio e popolazione, rappresenta un forte segnale di giustizia e una pietra miliare per il diritto ambientale.
I legali degli imputati hanno già annunciato ricorso, ma la sentenza di primo grado fissa un precedente importante, rafforzando la consapevolezza sulla necessità di tutela ambientale e prevenzione del rischio sanitario legato agli scarichi industriali.