Diventa sempre più controversa la vicenda di Ion Nicole, 51enne di origine romena, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia. L’uomo avrebbe dovuto sposarsi con la sua compagna, Micaela Tosato, lunedì 24 febbraio a Bovolone, ma all’ultimo momento il giudice di sorveglianza di Roma ha negato il permesso per lasciare l’istituto penitenziario.
Secondo quanto comunicato agli avvocati della donna, il diritto al matrimonio è riconosciuto, ma non la possibilità di scegliere il luogo della cerimonia. Il giudice ha infatti stabilito che il rito potrà svolgersi esclusivamente all’interno del carcere di Rebibbia, escludendo categoricamente la possibilità di trasferirsi a Bovolone.
Cerimonia annullata: le conseguenze della decisione
La decisione ha avuto un impatto immediato: festa annullata, pranzo di nozze cancellato e invitati costretti a rinunciare al viaggio. Un duro colpo per i futuri sposi, soprattutto considerando che Ion Nicole aveva già ottenuto il nulla osta alle nozze dal Consolato della Romania.
Il caso si inserisce in un dialogo più ampio tra le autorità italiane e quelle romene, con l’obiettivo di permettere a Ion di scontare l’ultima parte della pena in patria, considerando che la sua scarcerazione è prevista per il 2027.
A complicare la situazione, il matrimonio era stato pianificato con il sostegno del Comune di Bovolone e del sindaco, che avevano seguito le procedure per le pubblicazioni ufficiali.
Preoccupazioni per la salute mentale del detenuto
La decisione del tribunale non è solo una questione burocratica, ma sta sollevando gravi preoccupazioni. La futura sposa, Micaela Tosato, ha espresso timori per il compagno, ricordando che negli ultimi mesi ha manifestato segnali di forte disagio, con tentativi di suicidio.
Dopo il trasferimento dal carcere di Montorio a Rebibbia, Ion Nicole sta seguendo un percorso di giustizia riparativa e, una volta scontata la pena, ha già un’opportunità di lavoro garantita presso un’azienda locale.
Permessi speciali: una disparità di trattamento?
Micaela Tosato ha sollevato un ulteriore punto critico, ricordando che il permesso di lasciare il carcere viene concesso solo in casi di pericolo di vita per un familiare o eventi familiari di particolare gravità.
“Questo principio vale solo per alcuni?”, si chiede la donna, facendo riferimento al caso di Chico Forti, che ha ottenuto un permesso simile pochi giorni dopo il suo rientro in Italia, per far visita alla madre a Trento. “Anche in quel caso non si trattava di una situazione di emergenza”, sottolinea Micaela, evidenziando una possibile disparità di trattamento.
Nonostante il coinvolgimento attivo dei garanti dei detenuti a livello locale e nazionale, la richiesta è stata respinta e il rischio di nuove azioni autolesionistiche da parte di Ion rimane alto.
Un caso che solleva interrogativi non solo sul diritto al matrimonio per i detenuti, ma anche sulle modalità di concessione dei permessi speciali e sulla tutela della salute mentale nelle carceri.