Nonostante una stagione eccezionalmente piovosa, con volumi di pioggia e neve capaci di coprire il fabbisogno idrico di due intere stagioni irrigue, la provincia di Verona si trova paradossalmente a corto di risorse idriche effettivamente utilizzabili. La ragione di questa apparente contraddizione sta nella mancanza di infrastrutture capaci di trattenere e gestire le abbondanti acque cadute, che invece finiscono per essere disperse verso il mare.
L’efficacia limitata del lago di Garda e la carenza di bacini artificiali
Il lago di Garda, l’unico grande serbatoio naturale nella regione, nonostante la sua imponente capacità di 50 miliardi di metri cubi, gioca un ruolo marginale per l’irrigazione agricola del Veronese. La sua utilità si limita principalmente alle aree del Mantovano, attraverso il Mincio e altri canali minori, lasciando il Veronese esposto a un rischio idrico non trascurabile.
La necessità di nuove soluzioni infrastrutturali
Secondo Francesco Crestani, rappresentante dell’ANBI, è fondamentale sviluppare infrastrutture che permettano di conservare la maggior quantità possibile di acqua. Il caso del bacino di Ferrara di Monte Baldo, sebbene utile per la centrale idroelettrica di Brentino, evidenzia la mancanza di capacità sufficiente e l’inadeguatezza delle formazioni geologiche locali, come le rocce calcaree, nel trattenere le acque.
Soluzioni proposte e sfide future
Per affrontare questa situazione, esperti e autorità locali sottolineano l’urgenza di investire in bacini artificiali e altre infrastrutture idrauliche che possano accumulare efficacemente le precipitazioni in eccesso. Questa strategia non solo garantirebbe una riserva idrica durante i periodi di maggiore necessità, ma contribuirebbe anche a mitigare gli effetti di future condizioni di siccità, sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici.