Un entusiasmo contagioso, uno sguardo appassionato, una voce che ancora oggi risuona nella memoria di migliaia di studenti. Alla notizia della morte della professoressa Angiolina Martucci Lanza, scomparsa all’età di 92 anni, si è levato un cordoglio corale e profondo da parte delle tante generazioni che hanno avuto il privilegio di incontrarla sui banchi di scuola.
Autentica, esigente e umanissima, la professoressa Martucci Lanza ha insegnato latino e greco per oltre quattro decenni, al liceo classico Scipione Maffei di Verona e al liceo Prati di Trento. Nei suoi studenti lasciava un’impronta indelebile, fatta di rigore, amore per il sapere e capacità di attualizzare la cultura classica, rendendola viva, palpitante e vicina all’esperienza quotidiana.
Una carriera tra Verona e Trento, nel segno della passione
Nata a Verona nel 1932 e residente a Borgo Trento, Angiolina Martucci Lanza ha frequentato il liceo Maffei, dove sarebbe poi tornata come docente, e si è laureata a Padova in lettere antiche, allieva del filologo Carlo Diano. Dopo il matrimonio con Carlo Lanza, nel 1956, si è trasferita a Trento per seguirlo, insegnando lì per vent’anni. Da entrambe le città, oggi, giungono messaggi di affetto e gratitudine da parte di ex studenti, che ne ricordano la capacità di essere maestra e guida oltre l’insegnamento.
Una rivoluzionaria della didattica classica
Era un’epoca di cambiamenti profondi, quella degli anni Sessanta e Settanta, e lei seppe cavalcarli, racconta la figlia Emanuela. Durante gli anni della contestazione seppe mantenere autorevolezza e al tempo stesso portare i testi antichi nel presente, facendo dialogare Sofocle, Euripide, Omero con le inquietudini e le speranze dei suoi alunni.
“Era un vulcano di idee”, ricorda la figlia, oggi madre e nonna, che ha vissuto da vicino l’impegno instancabile di una donna capace di innovare, introducendo già trent’anni fa strumenti tecnologici nella didattica del greco antico, un’idea allora pionieristica.
Una cattedra, una missione
Il ritorno a Verona ha segnato l’inizio della lunga esperienza al Maffei, dove generazioni di studenti conservano ancora gli appunti delle sue lezioni, definiti veri e propri tesori di conoscenza. E dove, come raccontano dalla classe Terza F del 1995, si ascoltava con ammirazione e rispetto ogni sua parola, mentre illustrava concetti di filologia, tragedia e pensiero classico con una profondità e una passione straordinarie.
L’insegnamento come dono
Il ricordo più toccante arriva da chi, oggi adulto, continua a considerarla una guida. Lo conferma anche il deputato di Fratelli d’Italia Ciro Maschio, suo ex alunno: “Era una donna geniale, coltissima, entusiasta, capace di far vivere i classici come fossero presenti accanto a noi. Alla maturità, la mia versione fu usata come modello: mi telefonò a casa con orgoglio. È stato un dono incontrarla“.
Un legame profondo, anche oltre l’aula
La professoressa Martucci Lanza ha proseguito la sua attività culturale anche dopo il pensionamento, organizzando incontri, conferenze e progetti, senza mai perdere quella luce negli occhi che l’accompagnava quando parlava di Tuche, di tragedia, di ethos e di destino. E con il marito Carlo, scomparso vent’anni fa, aveva un rapporto intenso e tenero. “Quando morirò fate festa – diceva – perché starò brindando con il mio Carlo”.
I funerali si terranno mercoledì 20 agosto alle 10, nella chiesa di Santa Trinità, in centro a Verona. Sarà l’occasione per un ultimo saluto collettivo, a colei che, per molti, è stata più di un’insegnante: una Maestra di vita.